di Maurizio Stupiggia
Il nome “Biosistemica,” in base alla sua composizione, ci da’ indicazioni relativamente ai presupposti e metodi su cui si basa.
“Bio” fa riferimento alle dimensioni biologiche, neurofisiologiche ed embriologiche inerenti la componente organica della corporeità.
“Sistemica” fa riferimento alla teoria generale dei sistemi in base alla quale è possibile concepire l’individuo come un sistema costituito da sottosistemi in interrelazione fra di loro.
Per delineare la struttura teorica biosistemica, possiamo dire che l’osservazione metodologica si incentra sull’emozione, in quanto fulcro centrale del vissuto, sia fisiologico che patologico; l’emozione è letta qui essenzialmente con mappe neurofisiologiche ed embriologiche, e al tempo stesso ne viene sottolineata la valenza sistemico-relazionale, in quanto costitutiva dell’esperienza sociale umana.
L’oggetto centrale di riferimento è quindi costituito dalle emozioni, in quanto fenomeno cruciale dal punto di vista clinico ed epistemologico dell’esperienza umana. L’emozione caratterizza permanentemente il vissuto ed il funzionamento dell’uomo, dato che, per definizione, comprende in sé i processi fisiologici, le reazioni comportamentali, gli aspetti relazionali e i contenuti cognitivi di ogni esperienza umana nella sua completezza e complessità.
L’emozione è infatti un crocevia dove si incontrano istanze differenti: sensazioni viscerali, movimenti muscolari, pensieri e immagini; tutto questo all’interno di una cornice ambientale che ne plasma l’origine e ne sovradetermina il senso.
E proprio l’emozione è al centro del processo di counseling biosistemico, un processo che mira a potenziare nella persona la capacità di gestire e padroneggiare le emozioni stesse. In una parola, il counselor biosistemico aiuta il cliente a una maggiore competenza nella regolazione emozionale.
Il nucleo dell’intervento è costituito infatti dal cambiamento delle strategie di auto e mutua regolazione dei flussi emotivi, nelle sue componenti cognitive, immaginative, sensoriali e motorie.
Detto in altri termini, il lavoro del counselor biosistemico ha almeno due vie da seguire, quella verbale e quella corporea.
L’inizio di ogni cronico disagio esistenziale, secondo l’ottica biosistemica, può infatti essere individuato nello sdoppiamento di due circuiti essenziali: quello delle ideazioni mentali e quello del vissuto corporeo. Se scissi, il corpo non ha più parole per nominare le sensazioni (potrà esprimersi attraverso sintomi psicosomatici), né la mente potrà parlare di ciò che il corpo non sente, perché inibito nella sensazione (e il disagio si esprimerà attraverso un continuo brusio mentale indistinto di sottofondo). L’emozione rappresenta l’evento psicosomatico per eccellenza, l’elemento trasversale che unifica lo psichico e il somatico, il terreno d’incontro tra pensieri e sensazioni corporee. Quando il linguaggio (la mente) e il suo “inconscio” (il corpo) si incontrano, si producono non più solo parole, ma azioni, fatti concreti e l’emozione sboccia come qualità emergente dell’interazione tra le componenti del sistema complessivo (pensieri, sensazioni, azioni).
Il counselor Biosistemico presta perciò attenzione non solo all’aspetto simbolico del linguaggio, ma anche all’aspetto espressivo delle parole, intese come prolungamento degli arti, come parole a cui sia data corporeità. Si passa dalla scoperta del gesto come parola non detta (attraverso la lettura della comunicazione non verbale), alla parola come gesto non fatto (fornendo un nome alle sensazioni e ai gesti inibiti). La Biosistemica si pone come obiettivo il ripristino del ciclo emotivo, non attraverso lo svelamento di verità nascoste, ma attraverso la costruzione della “verità”, sulla base di ciò che appare: amplificando l’emozione, “pensando con il corpo”, creando i movimenti, l’emozione si trasforma in qualcosa di inatteso, di nuovo. Si tratta di una trasformazione qualitativa dello stato globale della persona, di un aumento della complessità connessa allo stato di salute, in antitesi con un impoverimento della complessità psicocorporea del soggetto.